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L’assurda vicenda artistica ed esistenziale di Sally Gabori, divenuta pittrice a 80 anni

Nella prima riga della biografia sul sito dell’artista si legge: Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori è nata circa nel 1924 sull’isola Bentinck, nel Golfo di Carpentaria, al largo della costa settentrionale del Queensland, in Australia. Una riga che contiene la sua vita, la sua arte, la sua poetica.

La prima cosa che salta all’occhio è senza dubbio quel circa. L’indeterminatezza sull’anno di nascita, sorprendente nella nostra società, conduce immediatamente a un’epoca, a un luogo e a una cultura in cui il dato, invece, non pare così importante. In un contesto incontaminato, che affonda nel primo quarto del secolo scorso, all’altro capo del mondo, prima che gli occidentali arrivassero per trasformarlo, si nasceva e basta. O forse il luogo dove si nasceva era più importante del quando si nasceva.

Analizzando il suo nome, Mirdidingkingathi indica che Sally Gabori è nata a Mirdidingki, una piccola insenatura situata a sud dell’isola Bentinck. Forse nel 1924. Una cornice dove era inevitabile sviluppare un legame viscerale con il paesaggio circostante. Quel giorno, anche se non sappiamo con esattezza quale esso sia, i delfini parevano festeggiare la sua nascita vicino alle coste dell’isola. Per i Kaiadilt un segno inequivocabile che l’animale sarebbe stato la guida spirituale di Sally Gabori, che prese anche il nome di Juwarnda, ossia il delfino.

Altri due elementi risaltano nella sua biografia. Ultima popolazione aborigena a entrare in contatto con i coloni europei – ai quali si erano opposti con fermezza, continuando a vivere secondo le loro tradizioni – i Kaiadilt nel 1948 furono costretti ad affidarsi a una comunità di missionari presbiteriani che nel 1914 si era stabilita sull’isola Mornington, a nord dell’isola Bentinck. Un ciclone e un maremoto avevano distrutto gran parte delle terre, salato le riserve d’acqua dolce e provocato la morte di tanti membri della comunità.

Il loro esilio, che credevano solo temporaneo, durerà diversi decenni. Quando arrivarono a Mornington, i Kaiadilt furono alloggiati in campi lungo la spiaggia e i bambini furono separati dai loro genitori e sistemati in dormitori all’interno della missione. Fu loro proibito di parlare la loro lingua madre, creando perciò una frattura profonda con la loro cultura e le loro tradizioni. Qui crebbe Sally Gabori, che rivide la sua terra natale più di quarant’anni dopo, quando negli anni ’90 l’Australia concesse ai Kaiadilt di fare ritorno, seppure temporaneamente, nella loro terra natale.

Infine, l’ultimo incredibile dato biografico. É solo dopo il ritorno a Bentinck che qualcosa scatta nella mente dell’artista, che diventa tale solo all’età di 80 anni. Sally Gabori ha infatti iniziato a dipingere nel 2005 e in nove anni di attività ha realizzato oltre 2.000 opere. Prima su piccola scala, arrivando poi a tele lunghe anche 6 metri.

In esse combinazioni di colori e giochi di forme si cercano, si sovrappongono, si intersecano in soluzioni astratte che alludono ai paesaggi del Golfo di Carpenteria. Un territorio ancora oggi dominato dalla natura, che interviene su di esso con infinite variazioni di luci dettate dal clima estremamente mutevole. Ciò si traduce in suggestioni coloristiche vastissime, tanto quando la capacità immaginativa di Sally Gabori, che con i suoi pennelli sottili è riuscita a trasportarle sulla tela con impressionante libertà formale. Una ricerca estetica del tutto personale, senza diretti riferimenti in altri artisti, che potrebbe vivere delle sole suggestioni-connessioni che è in grado di instaurare con l’immaginario archetipale che abbiamo del paesaggio australiano.

Ma Sally Gabori fa di più, lega ogni ciclo di opere a un preciso luogo. All’astrattismo spinto delle opere associa un preciso riferimento topografico, in modo da riportare l’ispirazione artistica a una sorgente reale, totalmente identificabile. Una soluzione che non solo aumenta il fascino dei luoghi rappresentati, ma permette anche di aprire un varco di essi. Scoprire dove si trovano, approfondire la loro storia, comprendere quel che è accaduto alle persone che li abitavano. Uno slancio lirico purissimo, dunque, ma anche una denuncia diretta dei torti subiti.

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