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La strana storia di due vasi cinesi del XVIII secolo trovati a Portsmouth, nel Regno Unito

Chinese porcelainss sold at Nesbits Auctions. Courtesy Nesbits Auctions.
Courtesy Nesbits Auctions

Un ragazzo di trent’anni sta ripulendo casa di sua madre a a Portsmouth, nel Regno Unito, quando si imbatte in due vasi di ceramica blu e bianca. La fantasia e le iscrizioni lasciano pensare si tratti di un manufatto cinese, ma chi può dire se si tratta di un originale? E quanto può valere?

Una questione che l’uomo affida a una casa d’asta locale, Nesbits. La maison entra così in possesso dell’oggetto e inizia a valutarne le caratteristiche. Alto poco più di 25 cm, il vaso in ceramica chiara è decorato con immagini di pipistrelli e pesche. Due elementi apparentemente distanti, che trovano però un perfetto riscontro nella cultura cinese.

I pipistrelli rappresentano ricchezza, virtù, salute, felicità e una morte pacifica. Le pesche, associate al dio taoista della longevità Shoulao, sono invece simbolo di salute e felicità, oltra ad annunciare metaforicamente la primavera. L’iconografia appare dunque in linea con la lunga tradizione cinese della ceramica, nata intorno all’inizio della dinastia Shang, tra il 1600 e il 1045 a.C. Generalmente realizzati in argilla, bronzo e ceramica, i tradizionali vasi da vino come quello trovata a Portsmouth, non si allontanavano mai troppo dal loro design originale: un corpo a forma di pera con un collo stretto.

Quanto alla colorazione blu e bianca, invece, si diffonde con continuità durante la dinastia Tang (618–906 d.C.), nella provincia di Jiangxi, grazie allo sviluppo di nuove tecnologie per la lavorazione dell’argilla e nella fase di cottura. Sotto l’imperatore Qianlong divennero definitivamente oggetto di collezionismo assiduo. Proprio il marchio a sei caratteri dell’imperatore Qianlong, presente sotto le basi di entrambi i vasi, sembrava un segnale incoraggiante riguardo l’autenticità degli oggetti.

Difatti, secondi Nesbits tali segni sono spesso stampati su falsi e, di conseguenza, non erano sufficienti per dimostrare la loro legittimità. La casa d’aste dunque, consultati anche degli esperti antiquari locali, ha concluso che si trattasse di mere riproduzione moderne. Così, pubblicati sul catalogo d’asta, la loro stima non superava i 125 dollari. Ma è in questo momento che la sorte dei vasi, e del loro (ex) proprietario, cambia.

Quando i collezionisti – che ad alto livello sono veri e propri esperti del settore – sfogliano il catalogo, l’attenzione cade subito sui vasi cinesi. L’interesse nei loro confronti cresce a dismisura. Qualcuno inizia a suggerire la possibilità che possano valere di più, che possano essere originali. Nesbits vede l’opportunità, mette in discussione la propria valutazione, e convoca un pool di collezionisti che sostengono di avere la documentazione che prova l’autenticità dei vasi.

Le prove si rivelano credibili e la descrizioni del lotto cambia: sono due vasi cinesi del XVIII secolo. In sede d’asta la battaglia tra i bidders dura oltre 20 minuti e la stima cresce di 2600 volte, arrivando ad essere aggiudicato per 327 mila dollari.

Una grande vendita per Nesbits e l’intero settore, ma soprattutto per il ragazzo di ventinove anni che, come riporta la casa d’asta, aveva il dubbio di “non avere abbastanza soldi per ristrutturare casa e andare in vacanza quest’estate”. Un dubbio che, senza saperlo, stava già fugando nel momento in cui ha deciso di aiutare la madre a pulire casa.

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