«Burtynsky: Extraction / Abstraction» si muove tra due dimensioni temporali interconnesse, presente e futuro. La mostra del fotografo canadese Edward Burtynsky ritrae il dilemma odierno, assillato tra sviluppo e tutela dell’ambiente. Ciò che ne deriva è un’esplorazione delle «incursioni industriali su larga scala nel pianeta» e dell’impatto dell’azione umana sugli ecosistemi terrestri, dove la biodiversità diviene sempre più rarefatta. Curata da Marc Mayer, già direttore della National Gallery of Canada e del Musée d’Art Contemporain di Montreal, con allestimento di Alvisi Kirimoto, è la più ampia esposizione mai realizzata dal fotografo in quarant’anni di carriera, e arriva in Italia dopo il debutto alla Saatchi Gallery di Londra.
Dopo Banksy, l’M9 di Mestre si fa portatore, dal 21 giugno 2024 al 12 gennaio 2025, di un nuovo sguardo sulle sfide del presente, con focus sulle interazioni tra uomo e ambiente, responsabili del cambiamento climatico. La mostra su Burtynsky indaga le conseguenze ambientali del sistema industriale, tema che contraddistingue il fotografo, già acclamato in Italia grazie al progetto «Anthropocene» del 2019. Partendo da un’analisi e dalla conseguente comprensione storica dei processi industriali novecenteschi, dei contesti geografici e culturali considerati nelle sue campagne, Burtynsky invita gli spettatori a guardare oltre quei luoghi fotografati, oltre l’esperienza sensibile e le aspettative umane, per comprendere pienamente l’impatto dell’uomo sul futuro degli habitat terrestri. Sei sezioni tematiche, ottanta fotografie, dieci murales e alcuni strumenti fotografici ricorrenti nel suo operato. Predomina il formato giga e l’utilizzo dei droni che gli hanno permesso di allargare ulteriormente l’obiettivo delle sue fotocamere.