Mentre il design diventava una professione di massa, senza la possibilità di capire l’attualità attraverso un vocabolario aggiornato che rimpiazzasse quei codici del Novecento che lo interpretavano attraverso gli stili, i maestri, le icone e le aziende, le pratiche sono andate avanti anche senza teorie che le sostenessero. Lo racconta la mostra HYPERDESIGN, curata da Chiara Alessi e in mostra al MA*GA dal 13 ottobre 2024 al 2 marzo 2025, è dedicata ai progetti e ai processi del design dopo gli anni zero e che hanno guardato con attenzione e sensibilità a varie questioni sociali.
In particolare, l’accesso semplificato a nuove tecnologie e il ritorno all’autoproduzione ha portato a soddisfare esigenze specifiche, realizzando piccole serie su misura, come avvenuto per la maschera per la respirazione Easy Covid, progettata da Isinnova modificando una maschera da snorkeling in un respiratore, congiungendola all’erogatore di ossigeno attraverso un raccordo stampato in 3D. Oppure come Letizia, il metodo innovativo per creare arti inferiori artificiali a basso costo e in tempi molto brevi, durante il conflitto in Ucraina.
Parallelamente, l’esposizione testimonia la crescita e l’affermazione di aziende alternative ai grandi marchi storici del design che scommettono sui giovani e garantiscono loro maggior libertà di sperimentazione. Tra i designer italiani della nuova generazione, c’è Odo Fioravanti, di cui vengono esposte delle sedute in polistirolo riciclato oppure ottenute da scarti di lavorazione.
Un’altra significativa novità con cui fa i conti il design nel nuovo millennio riguarda i materiali della progettazione. Esemplare a tal proposito, è l’esperienza di Formafantasma, che ha trovato possibilità tecniche ed estetiche inaspettate offerte dai polimeri naturali estratti da piante, come nella serie Botanica, o da derivati animali, o ancora sul legno e i suoi scarti, sul materiale lavico e sui polimeri biodegradabili nella produzione di arredi. La start up Workair di D-air lab, fondata nel 2015 da Lino Dainese, ha progettato invece il primo airbag per la protezione dei lavoratori in altezza, certificato come Dispositivo di Protezione Individuale.
La mostra al MA*GA dà poi conto di progetti in cui il design incontra discipline come l’antropologia o la psicologia. Ad esempio, la Maidan Tent, la “piazza” coperta destinata ai migranti del campo profughi di Ritsona (Grecia), crea uno spazio comune polifunzionale in cui è possibile non solo avere un rifugio d’emergenza, ma condividere e socializzare attività ed esperienze, organizzare eventi culturali, forum di discussione e molte altre attività nell’ottica di superare alcuni traumi da isolamento.
Sempre in questo ambito, è da segnalare l’esperienza di LiveinSlums, una ONG che opera in territori urbani con forti criticità, coinvolgendo figure professionali appartenenti a diversi ambiti disciplinari: architetti, agronomi, paesaggisti, sociologi, antropologi, fotografi, designer e artisti. Dopo la costruzione di una scuola, con refettorio e dormitorio, che accoglie 300 tra bambini e bambine di Mathare, uno degli slum più grandi di Nairobi, si è trattato quindi di realizzare i prototipi degli arredi, la cui progettazione, affidata a Giacomo Moor, si è svolta insieme a giovani di Mathare, dando loro così la possibilità di imparare nuove tecniche, e accedere a un lavoro artigianale pagato.
Da tempo si parla di inclusione nella progettazione per persone con disabilità, col risultato di produrre, in alcuni casi, un’esclusione di secondo grado. Al MA*GA viene dunque presentato il Parco Inclusivo Universale, un intervento di riqualificazione che immagina Parco Schuster, una vasta area di fronte alla Basilica di San Paolo a Roma, aggiornata in chiave di accessibilità universale e che si sviluppa in occasione del Giubileo 2025.