Quinto Martini (1908 ‒ 1990) nasce a Seano in Toscana in una famiglia di contadini. Fin da ragazzo, nelle pause dal lavoro nei campi, inizia a «sporcare con carbone e colori i muri della casa e le pareti della camera, modellando figurine, cavalli e intere battaglie» e a lavorare la creta, dando espressione alla sua vocazione artistica in maniera spontanea e da autodidatta. È l’incontro, a diciassette anni, con Ardengo Soffici a schiudergli le porte sul mondo dell’arte: il pittore lo prende sotto la propria ala, istruendolo nel disegno e facendogli conoscere l’opera di importanti artisti europei e italiani a lui contemporanei. Così, già nel 1927, un giovanissimo Quinto Martini espone i propri dipinti a fianco di artisti del calibro di Carlo Carrà, Giorgio Morandi e Ottone Rosai.
Durante il periodo di leva a Torino, allarga ulteriormente i propri orizzonti, frequentando il pittore Felice Casorati, il Gruppo dei Sei e gli scrittori Cesare Pavese e Carlo Levi.
Nel 1934 debutta alla XIX Biennale di Venezia con La Seanese. Questa scultura in terracotta, raffigurante una giovane compaesana di Martini, è una sintesi perfetta della sua naturale predisposizione verso l’essenzialità delle cose, che lo porta a prediligere materiali poveri (terracotta e pietra di fiume) e forme espressive antiaccademiche, scevre da estetismi e intellettualismi. Alla semplicità è improntata anche il resto della sua produzione: bronzi, dipinti, disegni e acqueforti.
Nel 1943 espone la serie di dipinti I mendicanti al “Lyceum” di Firenze celebrando la dignità umana nella povertà, ma dopo tre giorni la mostra, considerata critica verso il regime fascista, viene chiusa. Di lì a poco, Quinto sarà incarcerato insieme a Carlo Levi, un’esperienza di cui scriverà nel romanzo I giorni sono lunghi.
L’arte di Quinto Martini, animata da impegno civile e moralità, accompagna quasi un secolo di storia italiana e riscuote ampio consenso di critica. Rilevanti la sua produzione di ritratti scultorei, della madre e della moglie, ma anche degli artisti e intellettuali suoi amici, la serie di opere dedicate alla pioggia, in cui egli sublima la tragica esperienza dell’alluvione di Firenze del 1966, e il ciclo di opere sulla Divina Commedia.
Oltre alla recentemente inaugurata Casa Studio, in cui è possibile ammirare oltre mille opere dell’artista, nella sua amata Seano gli è dedicato il Parco Museo “Quinto Martini”, che espone 36 delle sculture bronzee più esemplificative della sua arte, in un percorso fatto di attimi fissati nell’eternità, tra scene agresti e di vita vissuta. «Per Quinto era la gente comune, quella che manda avanti il mondo, a dover stare sui dei piedistalli», spiega la nipote dell’artista Stefania.