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Alla National Portrait Gallery di Londra è in scena una grande mostra sulla ritrattistica africana contemporanea

She was learning to love moments, to love moments for themselves by Amy Sherald (2017) © Amy Sherald. Courtesy the artist and Hauser & Wirth. Photo: Joseph Hyde
She was learning to love moments, to love moments for themselves by Amy Sherald (2017) © Amy Sherald. Courtesy the artist and Hauser & Wirth. Photo: Joseph Hyde

The Time Is Always Now. Ogni momento è quello giusto. Potremmo tradurre così, in italiano, il titolo che la National Portrait Gallery di Londra dedica alla mostra incentrata sulle opere di artisti afro discendenti, che continua con un eloquente Artists Reframe the Black Figure. In esposizione dal 22 febbraio al 19 maggio 2023, l’esposizione cade in effetti in un momento di estrema crescita e attenzione nei confronti dell’arte africana contemporanea, declinata sia nelle sue esperienze continentali sia in quelle che arrivano dai Paesei, su tutti Regno Uniti e Stati Uniti, dove tanti artisti di origine africana sono nati o si sono trasferiti.

22, in particolare, gli autori scelti dal curatore Ekow Eshun, ex direttore dell’Institute of Contemporary Arts di Londra (ICA). Un numero in realtà ristretto, estremamente selezionato, dei tanti pittori che negli ultimi anni hanno indugiato sulla rappresentazione di uomini e donne nere. Semplice indagine ed espressione artistica o bisogno di riconoscimento sociale? É difficile non leggere in chiave identitaria e politica il proliferare di espressioni figurative e soprattutto ritrattistiche negli artisti afro discendenti, come a rivendicare – prima a se stessi e poi verso gli altri – la propria presenza, il proprio ruolo nella società contemporanea.

E se ancora permangono in alcune frange della comunità occidentali stereotipi e discriminazioni, d’altra parte l’attenzione verso ogni minoranza si è molto acuita negli ultimi anni, generando una sensibilità culminata, per quanto riguarda la National Portrait Gallery, in un riconoscimento espositivo istituzionale che di certo questi artisti meritano. Ma di chi si tratta? Si tratta di un incontro tra giovani artisti e autori ormai consolidati a livello internazionale, come Lubaina Himid, Claudette Johnson, Chris Ofili e Kerry James Marshall.

La mostra, che si presenta come un’esplorazione della profondità e complessità delle modalità di autorappresentazione della comunità afro discendente in giro per il mondo, assume il taglio d’approfondimento che supera la scoperta. Secondo Eshun non si tratta di indagare un movimento in ascesa, ma di certificare la storia (recente ma già stratificata) di una corrente ben definita. “Questa mostra si adatta bene all’anno di riapertura della galleria, in quanto cerca di pensare al momento contemporaneo in cui ci troviamo“, afferma Eshun. La National Portrait Gallery è infatti reduce da una grande ristrutturazione, durata tre anni e costata 41 milioni di sterline.

Un rifacimento in cui non ha solo modernizzato la struttura, ma che ha portato anche a un ripensamento totale del contenuto e del percorso espositivo. In generale, le aggiunte e le riconfigurazioni sottolinea l’intenzione della National Portrait Gallery di aggiornarsi e correggere le proprie lacune, mostrandosi più inclusiva e attenta alla sensibilità contemporanea.

Per esempio, circa il 48% dei ritratti nelle gallerie del 20° e 21° secolo sono di donne (rispetto al 35% di tre anni fa). Un salto reso possibile anche da acquisizioni recenti come quella dell’autoritratto di Evelyn Nicodemus del 1982, il primo dipinto realizzato da un’artista nera a entrare nella collezione; o la miniatura del 1820 di Sarah Biffin, una pittrice nata senza braccia né gambe che ha imparato da sola a cucire, scrivere e dipingere usando la bocca.

Ambizioni di inclusione evidenti fin dalla hall, dove troviamo un gruppo di busti e studi per sculture a grandezza naturale, tra cui quelli di Nelson Mandela, la poetessa Felicia Dorothea Hemans e la scultura in bronzo di Thomas J. Price raffigurante una donna nera immaginaria (Reaching Out, 2021). In tal senso possiamo citare anche l’acquisizione, per 50 milioni di sterline, di Portrait of Mai (Omai) di Joshua Reynolds, considerato per alcuni esperti il primo ritratto di uomo nero realizzato in Gran Bretagna. The Time Is Always Now: Artists Reframe the Black Figure rientra dunque in questa visione, dando seguito a un programma di ripensamento dell’identità del Museo che a fatti, non solo a parole, sta piano piano divenendo realtà.

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