Ha guardato dentro, senza esitazione. Dentro una banja, la sauna russa, raccontando l’intimità gioiosa di un gruppo di donne. Dentro una piscina, seguendo l’emozione di un parto in acqua e i volteggi leggeri di ragazze sirene. E dentro un carcere, là dove i detenuti mostrano con orgoglio il corpo tatuato. Sergei Vasiliev, nato nel 1937 a Čeljabinsk, cittadina ai piedi degli Urali, è uno dei più famosi fotogiornalisti dell’era sovietica, con trent’anni di lavoro presso il quotidiano locale, e una lunga frequentazione delle prigioni in qualità di guardia carceraria. Dal 1948 ha affiancato Danzig Baldaev nella catalogazione dei tatuaggi e nella decifrazione, quasi un geroglifico, del loro significato, spesso diretto contro le autorità.
Ogni disegno parla di uccisioni, furti, spaccio. Ogni simbolo è un grado militare per riconoscere capi e sottomessi. Ma accanto alle schiene, le braccia, le gambe, il petto, interamente ricoperti di raffigurazioni sacre e profane – dalla chiesa di San Basilio alla triade santa di Marx, Engels e Lenin, da San Michele e il drago ad Alexander Nevsky – Vasiliev ha sfiorato con il suo obiettivo anche la pelle femminile, morbidissima e bianca come una distesa di neve. La scena è di nuovo un luogo chiuso, non una cella di prigione ma una sauna in una mattina d’inverno. Fuori il termometro segna molti gradi sotto lo zero, dentro è il calore di corpi nudi e floridi nello splendore della giovinezza. Nessun imbarazzo alla vista del fotografo. Tutto naturale, sensuale, il sudore che scivola sulla pelle, risate, confidenza, e infine l’acqua che rinfresca i corpi. Ancora un passo e le donne entrano in acqua, chi con il figlio appena nato, chi nuotando come in mare aperto. Siamo agli inizi degli anni ’70. Sei anni prima, nel 1964, Čeljabinsk registra la prima catastrofe nucleare, una delle più devastanti, pari a Cernobyl. Nessuno ne sa nulla. Il vento questa volta soffia a est e spinge le radiazioni oltre gli Urali. A ovest, invece, giungono nel 1977 e nel 1981 queste immagini di infinita bellezza, ed entrambi i reportage, Banja e Nascita, vengono premiati al World Press Photo. Alla caduta dell’Urss, appaiono le fotografie dei tatuaggi, oggi pubblicate nei volumi Russian Criminal Tattoo, editi da Fuel. Sulla pelle, unica proprietà privata nei tempi sovietici, i russi hanno scritto la loro storia, tra violenza, protesta, e infinita bellezza.
Le immagini provengono dall’importante collezione fotografica di Francesco Bigazzi, giornalista e saggista, dal 1985 corrispondente dall’Unione Sovietica e direttore dell’Ansa. È uno dei massimi esperti italiani del dissenso dell’Est europeo, argomento cui ha dedicato numerosi volumi.