arte

Cerca
Close this search box.

Out of Place. Arte e storie dai campi rifugiati nel mondo

Giovedì 20 giugno, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, le Gallerie delle Prigioni di Treviso saranno eccezionalmente aperte a partire dalle 18.30, per delle visite guidate gratuite alla mostra “Out of Place. Arte e storie dai campi rifugiati nel mondo”. Ad accompagnare i visitatori tra le opere in mostra saranno i curatori Claudio Scorretti e Irina Ungureanu.  Con questa iniziativa, Fondazione Imago Mundi aderisce alla campagna di comunicazione #WithRefugees promossa dall’Agenzia ONU per i Rifugiati (che ha dato il suo patrocinio alla mostra), volta a celebrare la forza, il coraggio e la resilienza di milioni di persone costrette a lasciare le proprie case in cerca di sicurezza e una vita migliore.

Il filo rosso che unisce l’impegno di UNHCR e di Fondazione Imago Mundi è la convinzione che ogni rifugiato ha una storia unica di speranza e determinazione. Ognuna di queste storie merita di essere protetta, narrata ed ascoltata.  Grazie a 110 nuove opere – nel classico formato 10×12 cm di Imago Mundi Collection – realizzate da 102 artisti, l’esposizione “Out of Place. Arte e storie dai campi rifugiati nel mondo” (inaugurata lo scorso marzo e prolungata fino al 14 lugliocompleta ora la mappatura globale della situazione degli artisti rifugiati nel mondo.

Questa seconda fase della ricerca ha visto infatti l’esplorazione di luoghi e storie in America, in Africa, in Europa, soffermandosi su vicende e percorsi che ancora non erano stati indagati. La condizione di rifugiato si conferma come accidentale nella vita degli artisti, non ne esaurisce l’esperienza umana ma ne rappresenta invece solo uno dei molteplici aspetti. Con questa integrazione, nuove testimonianze si aggiungono a quelle già raccolte, in modo da offrire una rappresentazione ancora più corale della condizione dei rifugiati, in cui ogni singola voce trova il suo spazio di espressione.

Così, il visitatore viene condotto lungo i corridoi di migrazione dell’America centrale e meridionale, quelle vie che da Paesi come Guatemala, Honduras, El Salvador, Venezuela portano verso il Messico e da lì verso gli Stati Uniti. Lo slide-show dell’artista Guillermo Arias cattura alcuni momenti di questa drammatica migrazione. La mostra presenta testimonianze di artisti attualmente ospitati in cinque centri di accoglienza temporanea in Messico e Colombia.

La visita alla mostra continua in Africa, nel campo di Smara e in quelli ad esso adiacenti in Algeria, che accolgono rifugiati Saharawi e si trovano in una delle aree più inospitali del pianeta, l’hammada del Sahara occidentale, quel tipo di deserto composto da altipiani rocciosi e aridi. Nel campo di Smara, le case sono tende o dimore di fango costruite a mano. Le artiste Mina Mohamed Minatu Lehbib celebrano una tradizione molto antica e radicata, quella della cerimonia del tè, rimasta nel tempo un rituale sociale che riunisce i membri della famiglia, li vincola ad essere presenti e a godere della reciproca compagnia. Dall’Algeria ci si sposta in Malawi, nel campo di Dzaleka, originariamente luogo di reclusione per detenuti politici che col tempo ha accolto rifugiati provenienti dalla regione dei Grandi Laghi. Qui la comunità artistica è molto vivace e si compone di pittori, ballerini, musicisti, poeti, artigiani, fotografi, stilisti e creatori di gioielli. Tra di loro, il giovane Joseph Ibila Kililo, scultore nato nel 1997 nella Repubblica Democratica del Congo.

Il percorso espositivo si conclude con luoghi a noi geograficamente più vicini: l’Ucraina, dove, a seguito dello scoppio della guerra nel 2022, milioni di persone hanno dovuto lasciare le loro case e cercare protezione e rifugio ad ovest; tra loro, Bogdan Tomashevsky, la cui opera è composta di frammenti di materassini su cui gli sfollati sono costretti a dormire. Ogni materassino rappresenta una storia personale, sogni e speranze per il futuro.

Infine, la visita conduce lungo la rotta centrale del Mar Mediterraneo, che interessa Algeria, Egitto, Libia e Tunisia, e, oltre ad essere la più battuta, è anche la più pericolosa, con le traversate compiute su imbarcazioni di fortuna sovraccariche di persone che fuggono da guerre, povertà e disastri naturali causati dal cambiamento climatico. Uno di loro è Samb Djiby, artista senegalese giunto in Italia nel 2015, la cui opera raffigura una madre il cui sguardo rivela tutta l’instabilità della sua situazione e l’incertezza verso il futuro che aspetta lei e il suo bambino, caricato sulle spalle.

La mostra Out of Place. Arte e storie dai campi rifugiati nel mondo rimane aperta fino al 14 luglio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *