Quattro ragazzi, un passato difficile, un racconto poetico impresso in un occhio multimediale. Questi gli elementi che compongono Collòculi, una gigantesca interpretazione scultorea dell’occhio umano, realizzata dall’artista Annalaura di Luggo in alluminio riciclato e al cui interno è posta un’iride interattiva. In essa scorrono le testimonianze di Pino, Youssouf, Larissa e Noemi, che svelano il proprio universo umano raccontando poeticamente come hanno affrontato avversità quali bullismo, discriminazione razziale, cecità, alcool e criminalità. Lo scenario è Museo Nazionale Romano – Terme di Diocleziano, che dal 12 giugno all’8 settembre 2024 ospita la mostra COLLÒCULI / INTRO-SPECTIO.
Collòculi prende il suo nome dalla fusione di due parole: collŏquĭum, conversazione, dialogo, incontro, e ŏcŭlus, occhio, organo della vista, e ne combina i significati incoraggiando lo spettatore al colloquio attraverso lo sguardo. L’installazione assume espressione di vitalità grazie alla tecnologia: la “pupilla” di Collòculi, infatti, trasmette contenuti multimediali interattivi “real time”, attraverso un sistema di telecamere “gesture recognition” che permette al fruitore di diventare parte integrante dell’azione.
L’iride, in Collòculi, dà vita al video multimediale We Are Art: qui il punto di partenza sono gli occhi dei quattro ragazzi che svelano il proprio universo umano raccontando poeticamente come hanno affrontato le difficoltà incontrate nel corso della vita. Attraverso i linguaggi della videoarte, del sound design e della realtà immersiva, li vediamo confrontarsi con l’osservatore, catturato dal loro sguardo che, grazie a sofisticate telecamere, entra a far parte della scena, sollecitando un confronto che non può essere senza conseguenze. Perché “guardarsi negli occhi” significa predisporsi al dialogo, all’incontro. Collòculi > We Are Art rappresenta un’affermazione del valore dell’individuo come parte attiva della società, un aiuto ai soggetti più fragili che vogliono riaffermare la propria identità.
Gabriele Perretta, curatore della mostra, sottolinea come “Annalaura di Luggo produca sentimenti di sé stessa, di “ragazzi di vita”, ma allo stesso tempo riesca a parlare della storia dell’occhio. Annalaura di Luggo “fa sentimenti” in modo diverso da come noi li viviamo, nel senso che li produce in modo nuovo, non ri-produce soltanto, ma produce qualcosa in cui tutti si possono riconoscere: “viste” in cui tutti possono abitare. La vista non può vivere senza l’arte, per il semplice fatto che l’arte coltiva il sentimento dell’occhio – parte a cui esso è legato – nelle vite degli altri, nei colori degli altri, nelle esperienze di vita del senso comune”.
In mostra anche una selezione di opere dal ciclo Intro-Spectio realizzate attraverso un duplice processo di stampa e foratura su Dibond e Plexiglas. Questi lavori di Annalaura di Luggo si propongono in una suggestiva tridimensionalità, con fori sulla superficie fotografica che appaiono come un “grembo di luce”: qui si annidano iridi di uomini e animali, fotografati dalla stessa artista con uno speciale obiettivo.
L’opera forma così uno o più livelli, che propongono una piattaforma creativa grazie all’organizzazione di piani paralleli o vagamente asimmetrici, che cambiano secondo il punto di vista dell’osservatore. Al centro dell’attenzione sempre l’iride, inserita su opere d’arte antica e moderna, dove un occhio – fotografico o video – si affaccia dalla zona cardiaca, “mimando battiti di visioni”, anima di ogni cosa, in cui lo spettatore è invitato a rispecchiarsi.