Da Bangalore a Venezia: Baseera Khan

Il Gioco della Sicurezza / The Safety Game, Baasera Khan, ph. Filippo Molena, courtesy 10 & zero uno gallery

Francesco Liggieri ci racconta la mostra di Baasera Khan a Venezia.  Appena si varca la soglia della galleria 10 & Zero Uno a Venezia, in via Garibaldi, un senso di sicurezza, o meglio, di precarietà della sicurezza nel bene e nel male, ti avvolge. Baseera Khan, l’artista in mostra, con una personalità vibrante come un arcobaleno in un cielo turbolento, ci invita a esplorare il suo universo nell’esposizione “Il Gioco della Sicurezza / The Safety Game”, curata da Chiara Boscolo e arricchita dal testo critico di Gabriele Romeo.

Baseera Khan non è solo un’artista; è un’icona di resistenza e autodeterminazione, una di quelle artiste che ha avuto una fulgida scalata nel pantheon delle arti contemporanee con mostre al Guggenheim di New York, copertine su riviste prestigiose del settore e fiere in lungo e in largo per il mondo, tanto per dire un paio di cose. Nata in Texas nel 1980 e ora residente a New York, Khan esplora attraverso la sua arte le sfaccettature della sua identità: una donna musulmana, queer, orgogliosa delle sue origini indiane-afgane. Con una serie di opere che spaziano dalla performance alla scultura, Khan ci sfida a riconsiderare le nostre nozioni di sicurezza, spazio e identità.

La mostra, aperta lo scorso 5 giugno, rappresenta un viaggio attraverso le tradizioni rielaborate e una critica sottile ma potente ai pregiudizi e ai tabù della nostra società. Le opere di Khan, come osserva Romeo, “ricostruiscono antropologicamente una visione stereoscopica di una femminista che è orgogliosa della sua pelle marrone”.

Il Gioco della Sicurezza / The Safety Game, Baasera Khan, ph. Filippo Molena, courtesy 10 & zero uno gallery

Un esempio lampante è il tappeto psichedelico per preghiera su cui è ricamata la frase “Io sono un corpo”. Questa dichiarazione rafforza l’identità dell’artista, liberando la sua dignità di genere. I suoi ricami dorati su mantelli neri sembrano un incrocio tra la tecnica islamica del Suzani e quella indiana del Chikankari, trasformando il tessile in un luogo di lavoro anonimo e carico di significati geopolitici.

In questa mostra, ogni opera diventa un tassello di un puzzle più grande. I dipinti a olio su tavola, come The Safety Game / Bronze Bead Weight (Green) e The Safety Game / Bronze Balustrade Weight with Loose Rings (Peaches), rappresentano “giochi ambientali gravitazionali” che parlano della forza di gravità in ogni forma enunciante. La scultura in vetro di Murano, The Safety Game / Stainless Steel Safety Plug (Ruby Reds), prodotta con la collaborazione del maestro vetraio Marco Giuman, è una critica ironica sull’individuazione poligama della spinta attrattiva sessuale.

A pensarci bene, stando dentro lo spazio della galleria, l’arte di Khan non è solo visiva: è tattile, sensoriale e profondamente politica. Ogni materiale usato, dal petrolio alla plastica, dal tessile al vetro, è un simbolo potente. Il petrolio diventa metafora del potere e della geopolitica, la plastica rappresenta l’inquinamento e la raffineria, mentre il tessile richiama l’anonimato del lavoro. L’artista, senza tanti giri di parole o perbenismi di alcun genere, ci invita a riflettere sulla nostra umanità e sull’altro, spingendoci a considerare il nostro ruolo in una società che spesso sfrutta senza remore il suo creato. Questa mostra non è solo un’esperienza artistica; è una chiamata all’azione, un invito a sfidare i cliché e a superare i preconcetti.

“Il Gioco della Sicurezza” è sicuramente una di quelle mostre dell’estate veneziana che non si possono perdere. Bisogna, a mio avviso, lasciare che Baseera Khan ci conduca in una nuova concezione del viaggio che farà riconsiderare il significato stesso di sicurezza e identità in un mondo non così attento, ahinoi, a tutto ciò.

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