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Io, la prima “pittoressa”: un libro dedicato a Lavinia Fontana

“Ero di buona famiglia, figlia di un pittore famoso, che mi adorava e di una madre che proveniva da un’illustre dinastia di librai. Ero obbediente, ma volevo tutto. Ero testarda, ostinata, tenacissima. Sotto un’aria soave e incantata si nascondeva una volontà di ferro”.

Nel mondo dell’arte italiana, la storia di Lavinia Fontana costituisce un unicum: per successo, fortuna, perseveranza. Nata a Bologna il 24 agosto 1552, figlia di Prospero Fontana – anch’egli pittore, autore degli affreschi all’interno della Cappella Farnese di Palazzo d’Accursio- e di Antonia di Bartolomeo De Bonardis –proveniente da una famiglia di noti tipografi cittadini- Lavinia segue fin da subito la sua vocazione: dipingere.

La sua vicenda, d’ispirazione per tante donne e non solo, è diventato ora anche un libro scritto da Paola Goretti e illustrato da Carlotta Passarini, edito nell’ambito della collana Storie della Storia di Bologna, diretta da Tiziana Roversi. Il prezioso volumetto, per la prima volta presenta alle ragazze e ai ragazzi l’opera di Lavinia Fontana, e lo fa anche con l’aiuto del colore, affidando la bicromia rosso nero alla storia disegnata da Carlotta Passarini e la quadricromia alle opere dell’artista.

Il volume ripercorre tutte le tappe della sua vita, anche attraverso le figure che ha incontrato. Dal naturalista e botanico Ulisse Aldrovandi, amico carissimo del padre, al pittore Bartolomeo Passerotti, al poeta e cantastorie Giulio Cesare Croce. E ancora, i fratelli Carracci, Guido Reni, Giambologna, lo scultore fiammingo autore del Nettuno. E poi Ugo Boncompagni, salito al soglio pontificio con il nome di Gregorio XIII, grande mecenate e autore del calendario gregoriano.

È con un celebre autoritratto che Lavinia inizia la sua attività di “pittoressa”, proseguendola anche dopo il matrimonio con il pittore imolese Giovan Paolo Zappi, senza alcun intralcio di carriera. Tante poi le figure celebri della vita bolognese che scelgono di farsi immortalare da lei. I nobili e le istituzioni la acclamano, tanto da affidarle l’esecuzione della Madonna di Pontesanto, prima pala d’altare realizzata da una donna, attualmente conservata nella Pinacoteca di Imola.

La fama porta poi Lavinia a Roma, dove lavora per i Boncompagni, i Borghese, i Barberini, per principi e ambasciatori, o per stranieri di passaggio. Ed entra a far parte – prima donna in assoluto- della blasonatissima Accademia di San Luca che riunisce i pittori più famosi dell’epoca.

Dopo una vita spesa a pennellare le vesti più alla moda, in ultimo si abbandona alla nudità, come a spogliarsi di tutto, offrendo al cardinal Scipione Borghese, grande collezionista d’arte, la Minerva in atto di abbigliarsi.  È il suo ultimo capolavoro, prima di lasciare definitivamente i suoi adorati pennelli “felice e grata di aver potuto condurre una vita piena e realizzata”.

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