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Wanda Macedonska, l’artista dalla reminiscenze classiche e dai colori lisergici

Wanda ZALEWSKA-MACEDOŃSKA (1929-2013), Bez tytułu, 1989
Wanda ZALEWSKA-MACEDOŃSKA (1929-2013), Bez tytułu, 1989

Cosa c’è di più affascinante di una donna sensuale che si staglia su uno sfondo dalle trame fantastiche? Se lo chiede il critico d’arte Andrzej Oseka parlando dell’opera della pittrice polacca Wanda Macedonska. Un mondo dove la realtà scivola in reame favolistico. Qui ogni elemento si fa simbolico, allusivo, concorre a creare una dimensione onirico dove le regole di ogni giorno vengono meno.

Wanda Macedońska è nata nel 1929 a Lviv, dove è morta nel 2013. Negli anni 1950-1956 studia presso la Facoltà di Conservazione dell’Accademia di Belle Arti di Cracovia. Dopo la laurea lavora come conservatrice e si occupa anche di pubblicità. Tuttavia, alla fine degli anni ’60, decide di dedicarsi esclusivamente al mondo della pittura. Con un immaginario costruito negli anni di viaggi e osservazioni, dove la città di Firenze ha svolto un ruolo fondamentale, Macedonska sviluppa uno stile fluido, dai forti legami con l’arte del Quattrocento italiano e vari riferimenti alla tendenza contemporanea del realismo magico.

Al centro delle sue scelte contenutistiche la figura umana, quasi sempre circondata da animali o oggetti dal significato simbolico. In questo caso l’influenza più evidente è probabilmente quella della pittura barocca del nord Europa. Uno spettro allusivo che parte dall’orologio – con le sue allusioni alla caducità della vita – e arriva fino al volo di un uccello che si posa sulla spalla del soggetto, a suggerire fortuna o sventura.

Le scene che allestisce sembrano galleggiare in una bolla onirica, all’interno della quale la verosimiglianza e la logica sono caratteristiche marginali. In paesaggi rarefatti come da insegnamento classico, emergono personaggi posizionati in pose rigide, impostate, che catalizzano su di sé la maggior parte delle attenzioni.

Minimizzando la quantità di elementi di contorno, quelli che rimangono assumano un valore maggiore, pregnante, si caricano di significati più intensi e valorizzanti. Di che animale si tratta? Cosa può significare? E quell’albero sullo sfondo? Invece quella bandiera che sventola? I dipinti di Macedonska assumono così i tratti di un seducente rompicapo, che prima ammalia con i colori magnetici e poi intrappola con il gioco cerebrale, un indovinello di simboli da giocare con le armi dell’intuizione e della storia dell’arte.

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