di Inna Khegay
Nonostante le proteste, gli “spostamenti” di Sébastien Lecornu e la recente chiusura del Louvre in seguito ad un audace furto, il 22 ottobre Parigi ha inaugurato la fiera Art Basel Paris sugli Champs-Élysées, riunendo 206 gallerie da 41 paesi sotto la magnifica cupola di vetro del Grand Palais, costruito in occasione dell’Esposizione Universale del 1900 e recentemente restaurato con un investimento di 466 milioni di euro.
L’Alma Mater dell’Avanguardia alla ricerca di un equilibrio
Parigi – città-simbolo, fonte d’ispirazione, “alma mater” dell’avanguardia storica – per oltre 100 anni è stata considerata il principale centro artistico e il laboratorio alla moda del vecchio e del nuovo mondo. Post-impressionismo, fauvismo, cubismo, surrealismo… Pablo Picasso, Amedeo Modigliani, Van Gogh, Matisse, Marc Chagall… La loro creatività ha dato un potente impulso a tutta l’arte contemporanea.
Tuttavia, a causa delle conseguenze della Seconda Guerra Mondiale, a metà del XX secolo New York, e verso la fine del XX secolo Londra, spodestarono Parigi dal podio di capitale mondiale dell’arte.
Dopo l’uscita del Regno Unito dall’UE, le complicazioni burocratiche, logistiche e fiscali hanno indebolito la posizione di Londra, e Parigi è diventata il beneficiario naturale della Brexit, ridiventando il centro creativo d’Europa. Inoltre, la mirata e costante politica culturale della Francia, da sempre molto attenta al proprio patrimonio (specialmente al Louvre!) e all’identità nazionale, ha restituito a Parigi la “febbre” e l’interesse dei collezionisti internazionali e degli operatori del mercato.
La turbolenza del mercato dell’arte e lo spostamento dei centri di potere
Il mercato dell’arte oggi riflette l’instabilità dell’economia globale.
Secondo l’ultimo rapporto Art Basel+UBS, nel 2024 il volume totale delle vendite globali è diminuito del 12%, toccando i 57,5 miliardi di dollari USA. I dati dell’analisi ArtPrice dell’ultimo anno (incluso il primo semestre del 2025) mostrano un significativo calo del 25% nel volume delle vendite all’asta di autori contemporanei (nati dopo il 1945), segnalando dal 2022 il periodo di contrazione più lungo nella storia del mercato dell’arte contemporanea.
Il mercato è entrato in una fase che può essere descritta come “transverticale”. L’instabilità sta cambiando l’equilibrio dei poteri sulla mappa: mantenendo il primato agli USA (24,8 miliardi di dollari con il 43% del fatturato mondiale), Londra (18% con 10,4 miliardi) e la Cina (15% con 8,4 miliardi) si alternano al 2° e 3° posto (Art Basel+UBS).
Nel frattempo Parigi, nonostante la crisi, guadagna costantemente forza, mantenendo saldamente dal 2016 il 4° posto con il 7% del fatturato mondiale (4,2 miliardi). L’anno scorso Parigi è diventata la piazza commerciale più dinamica – per numero di transazioni la Francia si è piazzata al 2° posto, seconda solo agli USA.
Art Basel Paris 2025 – un’atmosfera autenticamente parigina
Art Basel Paris, come progetto regionale del colosso transnazionale Art Basel, è unico – la città ne determina il carattere. Pur non avendo una superficie ampia come quelle di Basilea, Hong Kong o Miami (solo 13.500 mq), la fiera attira visitatori da tutto il mondo grazie al suo significativo contesto culturale – si va a Parigi per Parigi! Art Basel Paris (fino al 2024 Paris+ par Art Basel) da 4 anni ci mostra come l’approccio “francese” al fare business si sovrapponga alle ambizioni globali.
“Ci siamo impegnati per creare un’identità autentica”, afferma il direttore della fiera Clément Delepine: “La qualità eccezionale dei progetti di quest’anno è una prova tangente del magnetismo di Art Basel Paris e del ruolo centrale che Parigi e la Francia continuano a giocare sul mercato dell’arte mondiale e nella cultura in generale”. Così la scena artistica francese, dove tradizionalmente più della metà delle mostre sono dedicate ad autori locali, bilancia identità nazionale e apertura internazionale.
L’ambizioso programma pubblico: musei, fondazioni, mecenati
Art Basel Paris impressiona per la portata e la ricchezza del programma parallelo, organizzato in partnership con le principali istituzioni cittadine.
Nel 2025 la Settimana dell’Arte (Paris Art Week) ha trasformato Parigi in un’enorme piazza espositiva, crocevia di tutte le forme d’arte immaginabili. Installazioni monumentali si possono vedere a Place Vendôme, Palais d’Iéna, Cité de l’Architecture, Chapelle des Petits-Augustins, cortile dell’Institut de France, avenue Winston-Churchill… La dissonanza cognitiva tra i critici d’arte è stata provocata dal gigantesco oggetto gonfiabile a tema “ranocchio” dell’americano-venezuelano “maestro del soprannaturale” Alex Da Corte a Place Vendôme.
In luoghi iconici: Louvre, Musée d’Orsay, Musée de l’Orangerie, Musée d’Art Moderne, Palais de Tokyo, Musée Picasso, Jeu de Paume, Lafayette Anticipations – si svolgono mostre, sfilate, visite guidate curatoriali e conferenze, incluse nel programma della Paris Art Week.
Al Petit Palais è presentata l’opera di Julius von Bismarck “L’elefante nella stanza”, in cui un tassidermizzato meccanizzato di una giraffa e una statua equestre di Otto von Bismarck cadono e si riprendono in cicli asincroni.
Sempre al Petit-Palais, tutti i visitatori hanno accesso alla serie di conversazioni aperte “Conversations” con il leggendario editor di moda Edward Enninful in veste di curatore ospite.
Contemporaneamente, nell’ambito della Settimana dell’Arte, si svolgono mostre specializzate: Paris Internationale (arte contemporanea d’avanguardia), Design.Miami (opere di design nel magnifico palazzo del XVIII secolo), AKAA (arte e design africani) e Asia NOW (arte asiatica e della diaspora).
La Fondation Cartier inaugura, dopo l’ampio restauro di Jean Nouvel, la sua nuova sede in Place Palais-Royal con il progetto Exposition Générale, presentando oltre 600 opere.
Musei, fondazioni, residenze d’artista nella capitale francese sorgono una dopo l’altra grazie al supporto di mecenati, tra i quali spiccano due figure chiave come poli d’attrazione: Bernard Arnault e François Pinault. Nella “battaglia dei miliardari”, in competizione per creare collezioni e musei, Parigi è sempre la vincitrice.
Bernard Arnault (l’uomo più ricco del mondo nel 2024), a capo del conglomerato del lusso LVMH Moët Hennessy Louis Vuitton, possessore di una raffinata collezione di diverse migliaia di opere d’arte, ha fondato nel 2014 nel Bois de Boulogne un museo, divenuto parte importante del panorama culturale — la Fondation Louis Vuitton, dove attualmente si può vedere una retrospettiva di Gerhard Richter.
François Pinault, proprietario della casa d’aste Christie’s, dell’holding Kering S.A. e del club di calcio “Rennes”, ha aperto nel 2021 nell’edificio restaurato della Bourse de Commerce il suo museo Collection Pinault-Paris, in cui si svolgono regolarmente mostre d’arte contemporanea, anche dalla collezione personale di Pinault, che conta oltre 10.000 opere. Nell’ambito della Paris Art Week, il museo ha allestito la mostra “Minimal”, che presenta opere dei pionieri del minimalismo degli anni ’60 da collezioni private.
Le sezioni della fiera. Capolavori e vendite principali
La soluzione spaziale dell’esposizione è dettata dall’architettura unica del Grand Palais, con la cupola di vetro circolare e i balconi traforati dei mezzanini. La mostra è divisa in tre zone – tre sezioni principali: Galeries, Emergence e Premise.
Art Basel Paris ha unito galleristi visionari, artisti innovatori e progetti interdisciplinari. Il tema portante di quest’anno è l’avanguardia attraverso il dialogo tra epoche, dall’eredità storica ai dibattiti attuali della contemporaneità.
Significativo che quasi un terzo di tutte le gallerie (65 su 206) siano residenti a Parigi, tra cui Mennour, Le Minotaure, Galerie Christophe Gaillard, Thaddaeus Ropac, Almine Rech, Perrotin, Mor Charpentier, Concept. Sono strettamente legati alla città i nomi di molti artisti rappresentati, sia francesi che emigrati, che hanno scelto questo luogo per vivere e creare: Simone Fattal, Bertrand Lavier e Sheila Hicks; Nathanaëlle Herbelin, Ethan Assouline e Xie Lei, l’americano Bob Thompson, l’ungherese Simon Hantaï, l’odesita Sonia Delaunay e il maestro coreano Park Seo-Bo…
Quest’anno gli organizzatori, oltre al First Choice, hanno sperimentato un nuovo formato di preview – l’Avant Première, un evento ultra-esclusivo su invito speciale (non più di 6 per galleria), per un contatto più riservato con il pubblico professionale. Ciononostante, in tutti i giorni delle anteprime la fila di VIP si estendeva dall’ingresso del Grand Palais in avenue Winston-Churchill quasi fino agli Champs-Élysées.
Tra i visitatori c’erano rappresentanti di 240 musei e fondazioni, tra cui Centre Pompidou, Louvre, Tate, M+ Hong Kong, Aspen Art Museum, MCA Chicago, National Gallery of Art, Guggenheim Museum, MoMA PS1, Metropolitan…
Il pubblico degli ospiti era internazionale: collezionisti americani (Beth Rudin DeWoody, Craig Robins, famiglia Mugrabi), europei (Delphine Arnault, figlia di Bernard, Carla Bruni, Maja Hoffmann, Tony Salame) e asiatici (Purat Osathanugrah, figlio del collezionista tailandese Petch). Alla fiera è stato il Presidente francese Emmanuel Macron, la ministra della cultura Rachida Dati. La first lady Brigitte Macron è stata vista conversare cortesemente agli stand del Grand Palais.
Galeries – il nucleo principale della fiera con 180 mercanti leader con opere di diversi periodi e correnti – dalle prime avanguardie di inizio XX secolo al radicalismo del dopoguerra. Questa volta le gallerie hanno puntato su “valori eterni” e “blue chip” – ciò che è collaudato dal tempo e sempre richiesto: Picasso, Basquiat, Richter, Baselitz, Bacon, Warhol… – decine di opere di altissimo livello! Una sorpresa per molti è stata l’esposizione di livello museale di 9 opere di Pablo Picasso della Nahmad Contemporary (circa metà delle opere sono già state vendute). La testa di serie dell’arte contemporanea, la galleria Gagosian, ha fatto scalpore, esponendo nel suo stand un dipinto di Peter Paul Rubens del valore di 10 milioni di $.
Nelle prime ore di apertura, la fiera è stata visitata da circa 6000 ospiti selezionati, e si sono svolte grandi trattative per cifre a otto e sette cifre tra le gallerie top e i loro clienti chiave. Il volume totale delle vendite solo nel primo giorno di Avant Première è stato di circa 90 milioni di dollari.
Hauser & Wirth ha venduto il dipinto astratto “Abstraktes Bild” di Gerhard Richter del 1987 per 23 milioni di $. L’artista tedesco, il cui interesse febbrile è stato alimentato dalla mostra alla Fondation Louis Vuitton, è diventato il detentore del record della fiera: da Lévy Gorvy Dayan è stato acquistato un dipinto astratto di Richter del 1988. Sebbene la galleria non specifichi il prezzo, quest’opera in precedenza era passata all’asta da Christie’s per 27,2 milioni di $. Anche dallo stand di David Zwirner è stato venduto un dipinto di Gerhard Richter per 3,5 milioni di $, e da White Cube per 2,5 milioni di $.
Il capolavoro di Modigliani “Jeune fille aux macarons” (Giovane donna con i capelli raccolti, 1918) da Pace Gallery è stato acquistato da un’istituzione europea per una somma di circa 10 milioni di $. Questa transazione fa parte di una lunga collaborazione tra Pace e l’Istituto Restellini per la preparazione della pubblicazione nel 2026 del catalogo ragionato di Amedeo Modigliani. Sempre da Pace è stata acquistata un’opera dell’artista rumeno Adrian Ghenie per 1,5 milioni di $.
Tra le opere acquistate dallo stand di Hauser & Wirth – la composizione al neon di Bruce Nauman “Masturbating Man” per 4,75 milioni di $, “Concetto spaziale, Attese” di Lucio Fontana per 3,5 milioni di $ e un nuovo dipinto dell’artista americano George Condo “Femme de Monaco” per 1,8 milioni di $.
Thaddaeus Ropac ha venduto Alberto Burri “Sacco e oro” (1953) per 4,2 milioni di euro e 2 opere di Georg Baselitz: “Cowboy” (2024) per 3,5 milioni di euro e “Geste Winken” (1995) per 1,2 milioni di euro.
White Cube ha venduto una scultura di Baselitz del 1989/2003 “Dresdner Frauen – Elke” per 2,5 milioni di euro e un dipinto di Luc Tuymans del 2001 “Bend Over” per 1,35 milioni di $.
La galleria Perrotin ha venduto, oltre a Takashi Murakami per 550.000 $, più di 10 opere di Maurizio Cattelan (autore della nota installazione con la banana) per un valore compreso tra 174.000 $ e 209.000 $.
Presso la galleria David Zwirner è stato acquistato un dipinto di Martin Kippenberger per 5 milioni di $. Anche Yares Art ha riferito buoni risultati, avendo ricevuto un’offerta di 4 milioni di $ per un’opera di grandi dimensioni (larghezza 260 cm) di Frank Stella.
La galleria Karma ha venduto il dipinto di Matthew Wong “White Wave, Black Sand” del 2017 per 3,5 milioni di $.
I prezzi delle opere delle artiste confermano la riconosciuta importanza mondiale dell’arte femminile. Per il dipinto “Charioteer” (2007) dell’artista etiope-americana Julie Mehretu, la galleria White Cube ha ottenuto circa 11,5 milioni di $, David Zwirner ha venduto una scultura in filo metallico della nippo-americana Ruth Asawa per 7,5 milioni di $, un dipinto espressivo di Joan Mitchell per 3 milioni di $ e Marlene Dumas – per 2,5 milioni di $. Per un’opera dell’artista americana del “Color Field abstract” Helen Frankenthaler, Yares Art ha incassato 4 milioni di $. Da Xavier Hufkens è stata acquistata una stella dei “Young British Artists” Tracey Emin per 1,61 milioni di $ e una maestra del ritratto Alice Neel (nota in Russia per le mostre moscovite degli anni ’80) per 1 milione di $. Presso Gladstone Gallery – “Kiss (Love)” della nota per le immagini stilizzate di celebrità Elizabeth Peyton – per 1,3 milioni di $. Presso Pace Gallery è stato acquistato il dipinto minimalista “Children’s Playing” di Agnes Martin per 4,5 milioni di $, e anche un’opera dell’aborigena australiana Emily Kame Kngwarreye “Alatji — wild yam” per 550.000 $.
L’uso di codici culturali di base e il ricorso a temi universali nel periodo di crisi – nel pannello di mattoncini Lego “L’Ultima Cena” dell'”ambasciatore di coscienza” cinese Ai Weiwei.
Landau Fine Art, che rappresenta il post-impressionismo e il fauvismo, ha esposto “Il Clown” di Kees van Dongen del valore di 13,5 milioni.
Emergence (Emergenza, Nascita): sezione per giovani gallerie, la maggior parte delle quali partecipa per la prima volta alla fiera, situata nei mezzanini sopra la sala principale. Questo luogo simbolico – un punto di osservazione che permette di guardare al futuro. Qui sono presentati 16 progetti solisti di artisti emergenti, ma che hanno già dimostrato il loro potenziale, le cui opere reinterpretano la materialità e l’identità attraverso installazioni audaci, collage e sculture.
La galleria londinese Ginny on Frederick ha dedicato il suo stand a un’unica scultura monumentale dell’artista franco-iraniano Arash Nassiri.
Blindspot di Hong Kong ha portato opere erotiche di Xiyadie, ritagliate su carta con la tecnica tradizionale cinese.
I partecipanti di Emergence hanno segnalato una minore attività dei collezionisti rispetto al primo piano – molti semplicemente non riuscivano a salire al 2° piano durante i giorni delle anteprime. La maggior parte degli affari è stata conclusa online, ma alcune gallerie hanno avuto acquisti dallo stand: Jessica Silverman ha venduto due opere in bronzo di Davina Semo a 25.000 $ ciascuna e il dipinto di Atsushi Kara “Nature’s Resilience” per 12.500 $. L’interesse delle istituzioni artistiche è stato suscitato dalle sculture mobili di abiti e tessuti di THE PILL della greca-parigina Nefeli Papadimouli.
Premise (Premessa, Prologo): in una navata separata del palazzo sono stati allestiti progetti curatoriali essenziali, che capovolgono le idee sugli oggetti della creatività e sulla cronologia dell’arte. In questa sezione della fiera si possono vedere opere create prima del 1900, intervallate da arte ultramoderna. Ognuna delle 9 esposizioni concettuali racconta la propria storia, afferma un certo modo di pensare, trasforma la nostra percezione.
Tina Kim Gallery ha portato per la prima volta in Francia opere astratte di tessuto tradizionale dell’artista coreana Lee Shinja degli anni 1950-2000, vendendo 4 opere: per 150.000 $, 70.000 $, e due a 90.000 $. Un’altra opera è stata prenotata da un’istituzione americana.
The Gallery of Everything ha esposto opere degli anni ’40 del primo surrealista nero, sacerdote vudù ereditario di Haiti – Hector Hyppolite.
Attirava l’attenzione la presentazione congiunta del mercante newyorkese Gordon Robichaux e di Stars di Los Angeles, in cui sono esposte le diorame giocattolo di Janet Olivia Henry.
La galleria Pavec ha presentato la prima mostra personale alla fiera d’arte internazionale di Marie Bracquemond – la riscoperta gran dama dell’impressionismo, 7 opere degli anni 1870-80 sono state vendute in anteprima a prezzi da 45.000 $ a 60.000 $.
Non sono state trascurate neanche le pioniere del Bauhaus: Kadel Willborn ha mostrato foto alla gelatina di Lucia Moholy, e Galerie Eric Mouchet – grafiche di Ella Bergmann-Michel.
Oh La La! “à la mode”
Parigi detta ancora l'”alta moda”: una tendenza duratura è diventata la simbiosi tra mondo della moda e arte – collaborazioni Louis Vuitton/Jeff Koons, Dior/Peter Doig/Saroyama, Loewe/Miyazaki, Alexander McQueen/Damien Hirst…
Sul balcone d’onore del Grand Palais è presentata la fantastica collezione Artycapucines VII — Louis Vuitton x Takashi Murakami. L’artista ha disposto 11 borse create per Louis Vuitton tra i tentacoli di un polipo di 8 metri. Fiori, panda, funghi e draghi hanno completato questo “giardino psichedelico” della vendita al dettaglio di moda. Il successo della collaborazione con Murakami ha spinto Louis Vuitton a invitare altri artisti: Sol LeWitt, James Rosenquist, Richard Prince, César, Yayoi Kusama.
Il ricorso all'”arte eterna” come risorsa d’ispirazione in un’epoca di crisi conferisce nuovi significati alle immagini effimere delle passerelle. L’iniziativa “Oh La La!”, che si svolge per il secondo anno, invita le gallerie il 24-25 ottobre, incuriosendo i visitatori, a modificare le proprie esposizioni in base a un tema dato. Quest’anno il progetto si svolge sotto il motto “à la mode” ed è curato dal noto giornalista ed editor di moda Loïc Prigent.
La rivalutazione del patrimonio: equilibrio tra nazionale e globale
La Francia punta sull’attualizzazione del patrimonio classico e sulla rivalutazione di nomi riscoperti. Parigi non vive di passato — lo capitalizza, trasformando la storia in una risorsa strategica.
Se nei decenni passati i principali trendsetter mondiali erano i rappresentanti dell’arte anglosassone – la “civiltà degli uomini bianchi”, negli ultimi anni la geografia dell’influenza si è ampliata. Dichiarando con insistenza narrative post-coloniali, Art Basel Paris focalizza l’attenzione, oltre che sull’arte europea e americana, su quella africana, cinese, indiana, giapponese… Gli organizzatori hanno ottenuto un equilibrio tra scala internazionale e “identità francese”, rendendo la fiera un marchio culturale autonomo, distinto da Basilea — con un forte nucleo nazionale e l’apertura al contesto globale.
Conclusione: Vale la pena Basilea per Parigi?
La strategia ben strutturata, la “diplomazia culturale” e l’afflusso di collezionisti internazionali indicano che, nonostante la crisi socio-politica, Parigi ha giustificato le sue ambizioni di centro globale delle arti.
I partecipanti di Art Basel Paris, allontanandosi da progetti ultramoderni speculativi per rivolgersi ai “valori eterni”, hanno puntato sui “blue chip” – artisti eccezionali del passato e del presente, con carriere affermate e serio supporto istituzionale: Picasso, Modigliani, Degas, Richter, Condo… E la scommessa ha funzionato – il successo della 4a edizione della fiera infonde ottimismo e speranza.
La mostra al Grand Palae ha attratto oltre 73.000 visitatori, e la Settimana dell’Arte ha mostrato una dinamica senza precedenti, coinvolgimento e carica emotiva grazie al magnetismo della capitale francese.
Oggi Art Basel Paris aspira a essere la bandiera del marchio. O forse è Parigi a influenzare Art Basel?



