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Restituzioni: fanno ritorno in Nepal due importanti opere saccheggiate trent’anni fa

Archival image of Shalabhanjika Yakshi strut at Itumbaha temple.COURTESY ART RECOVERY INTERNATIONL.
Il montante Shalabhanjika Yakshi in legno intagliato del XII secolo. COURTESY ART RECOVERY INTERNATIONL.

Tra i temi più dibattuti in campo museale, al giorno d’oggi, c’è sicuramente quello della restituzione da parte delle istituzioni europee dei manufatti e delle opere d’arte di cui si sono impropriamente impossessate ai relativi musei di provenienza. Si tratta ovviamente di realtà dove l’Occidente ha messo piede con piglio coloniale, o dove comunque è riuscito a esercitare la propria forza approfittando della fragilità altrui.

Con lo scopo di sanare queste ferite, spesso frutto di veri e propri furti, sono nate società come l’Art Recovery International (ARI), che si occupa di ricercare e facilitare la restituzione di opere d’arte. L’ultimo successo che ottenuto, in ordine di tempo, è la restituzione di due manufatti culturali nepalesi alle autorità locali. I due oggetti, secondo il fondatore della società, l’avvocato Chris Marinello, sono stati restituiti volontariamente da un collezionista privato belga.

L’uomo, la cui identità è stata mantenuta riservata nell’ambito dello scambio, deteneva gli oggetti dagli anni ’90. In una cerimonia di rimpatrio avvenuta venerdì, Gahendra Rajbhandari, ambasciatore del Nepal in Belgio, ha ricevuto i manufatti. Si tratta della copertina di un manoscritto in legno miniato dell’XI secolo di Shivadharmottara-shastram e di un montante Shalabhanjika Yakshi in legno intagliato del XII secolo.

Quest’ultimo, un elemento di fissaggio per il tetto tradizionalmente utilizzato nei santuari nepalesi, proveniva dal tempio di Itumbaha, un villaggio nella valle di Kathmandu in Nepal. Nonostante ci sia la tentazione di provare a dare una valutazione economica degli oggetti, anche solo per provare a intuirne l’importanza, secondo gli esperti nepalesi che hanno lavorato alla restituzione le opere sono inestimabili.

D’altronde, non è difficile immaginare la portata simbolica che esse portano con sé. Oltre al valore culturale e artistico, questi lavori rappresentano anche un’occasione di rivalsa e riappropriazione identitaria. É un modo, in sostanza, per riacquisire un pezzo di se stessi. Tanto che sono diverse, anche in Nepal, le iniziative nate negli ultimi anni – come la Nepal Heritage Recovery Campaign e Lost Arts of Nepal – che si occupano quotidianamente di individuare manufatti nepalesi saccheggiati, anche utilizzando strumenti contemporanei come i social network per sensibilizzare la comunità mondiale sull’importanza di riportare indietro queste opere.

L’obiettivo è anche stimolare la restituzione volontaria del manufatto, proprio come accaduto in questo caso, dunque evitando complesse controversie legali e, perché no, anche inappropriate ma non rare richieste economiche.

 

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